Fondata intorno al 710 col nome di Heijo Kyo, Nara è oggi una cittadina di circa trecentomila abitanti, famosa per ospitare un tempio con la più grande statua di Budda in posizione seduta del Giappone e per i parchi cittadini abitati da numerosissimi cervi che non hanno timore dell’uomo.
La fondazione della città rispondeva alle esigenze di una corte itinerante che desiderava dare stabilità e unione al Giappone.
All’epoca, come gli aruspici per i Romani, esistevano persone che seguivano la geomanzia cinese ovvero il Feng Shui.
Il Feng Shui è divenuto ora argomento di designer di arredamento per clienti occidentali affascinati dall’essenzialità pagata a cinque zeri.
All’epoca era il modo per cercare di improntare la vita di una comunità secondo principi estetici ed etici.
Da un lato la città era delimitata dal drago azzurro/verde (il fiume), dall’altro dalla tartaruga nera (le montagne), dall’altro ancora dalla tigre bianca (la pianura) e infine la fenice rossa a sud, data da territorio roccioso…
Si cercavano le condizioni ideali per l’edificazione, con un occhio all’ambiente e l’altro a un concetto di armonia.
La centuriazione dei quartieri seguiva canoni simili a quelli romani. Due assi, ortogonali, si incontravano di fronte alla corte. A sud i templi, intorno le proprietà dei feudatari, dei guerrieri e del popolo.
Sull’asse nord est, faceva l’ingresso il corso d’acqua derivato dal fiume che, passando di casa in casa alimentava e purificava case, giardini e laghetti, fino a lasciare la città.
Strutture di urbanistica che si ripetevano isolato dopo isolato, in un mosaico di armonia standardizzata e funzionale, secondo i dettami della cultura di importazione cinese.
C’è nel Feng Shui e nella conseguente impostazione shintoista, la consapevolezza umana di avere un diritto quasi divino di potere e dovere intervenire sulla natura per modificarla.
La logica è la seguente: se la stirpe giapponese è figlia di dei, i Giapponesi possono modificare il mondo, perché il mondo somigli alla perfezione divina.
Questo implica un rapporto con la natura che va oltre il tempo della vita del singolo. L’albero che darà fra sessant’anni il massimo del suo splendore progettato a tavolino oggi, sarà apprezzato da altri. E così via.
Nara è oggi l’eco di questo modo di vivere. Una volta spostatasi altrove la corte, Nara è tornata a lungo dominio della natura.
I cervi, che brucano ovunque e che mendicano un biscotto ai visitatori, sono i teneri testimoni di questo processo inarrestabile di tensione tra natura, umanità, etica ed estetica.